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       Indice degli Argomenti                         
 - Che cosa sono i Funghi?
 - Come si riproducono i Funghi?
 - Qual è la funzione dei funghi in natura?
 - Come si nutrono i Funghi?
   - I funghi saprofiti
   - I funghi parassiti
   - I funghi simbionti
 - Dove crescono i funghi?
 - Quando crescono i funghi?
 - I funghi "sbucano" all'improvviso?
 - Quanto occorre ai funghi per svilupparsi?
 - Quando visto il fungo non cresce più?
 - Cosa sono i "cerchi delle streghe"?
 - Come attrezzarsi per andare a funghi?
 - Come si raccolgono i funghi?
 - Ci sono mezzi empirici per la commestibilità?
 - Come si identificano i funghi?
 - E' vero che i funghi sono tutti un po' tossici?
 - Come utilizzare i funghi in cucina?
 - Qual'è il valore alimentare dei funghi?
 - Cosa fare in caso di avvelenamento?

         Tutto quello che avreste voluto sapere sui funghi ..... 

L’andar per funghi è un piacere “primitivo”, ricco di aspetti positivi: le camminate nel bosco, il contatto con la natura là dove è “più natura”, l’esercizio dello spirito di osservazione, la gioia della scoperta; un piacere che costa poco o nulla, alla portata di tutti.

Ma l’andar per funghi risulta di gran lunga più appagante per il cercatore che ha una qualche conoscenza della micologia, sa riconoscere dei funghi i vari Generi, di questi almeno le principali Specie. Soprattutto sa distinguere con assoluta certezza quali sono i “buoni” e quali i “cattivi”, quali da raccogliere e quali da lasciare affinché possano svolgere fino in fondo il loro importante compito in natura e come magnifico ornamento del bosco; le cronache dei giornali continuano purtroppo a riportare, anno dopo anno,  casi dolorosi causati da fatale imperizia.

Questo “manuale” intende quindi contribuire alla formazione di una conoscenza micologica di base, rispondendo ad alcune delle domande più frequenti che si pone chi, amante della natura, è attratto e incuriosito dal “meraviglioso mondo dei funghi”, logicamente senza la pretesa di fornire sempre e comunque risposte esaustive a domande che richiederebbero ben altro spazio.

               Che cosa sono i funghi ?                                

quelli che volgarmente chiamiamo funghi, cioè per intenderci “porcini”, “finferli” ecc., sono i “frutti” (corpi fruttiferi) di “piante”(micelio) non visibili in quanto viventi in genere sotto la superficie del terreno o nella corteccia di alberi, ma anche all’interno di foglie, di pigne, ecc. ecc.

I termini “frutti” e “piante”  sono utili in quanto risultano particolarmente esplicativi, ma  non a caso sono posti tra virgolette poiché impropri. Infatti i funghi non sono inseriti nel Regno dei vegetali, ma in un proprio specifico Regno, il Regno dei funghi appunto, essendo privi di clorofilla. Una differenza non da poco, se si considera che contrariamente ai vegetali (organismi autotrofi), i funghi per “nutrirsi”  non sono in grado di procurarsi sostanze organiche partendo da sostanze inorganiche semplici, quali acqua e anidride carbonica, mediante la sintesi clorofilliana catalizzata dalla luce solare, ma necessitano di materiale organico precostituito. Sono quindi organismi eterotrofi e in questo hanno più affinità con gli appartenenti al Regno animale.

In realtà, da un punto di vista scientifico per esempio a proposito della funzione che svolgono in natura, per funghi si devono intendere i corpi fruttiferi nell’insieme con il rispettivo micelio.



Corpi fruttiferi di Amanita phalloides, specie tristemente famosa per i tanti lutti provocati.
            Come si riproducono i funghi ?                         
Nell’ambito dei binomio micelio - corpi fruttiferi, la funzione di questi ultimi (talora indicati come carpofori), in analogia ai frutti dei vegetali è di produrre i “semi” (le spore), in grado di generare nuovo micelio della medesima specie.

 

Ogni carpoforo, una volta maturo, produce milioni di spore che si diffondono in genere ad opera del vento o talora di insetti.

Le spore, in habitat idoneo e in condizioni microclimatiche favorevoli, germinano filamenti monocellulari (le ife) che “intrecciandosi” tra loro danno origine a un micelio primario sterile.

L’incontro tra due miceli primari di “sesso” opposto genera un micelio secondario fertile, in grado di produrre nuovi carpofori (chiamati primordi quando ancora allo stato “embrionale”)

Ciclo di riproduzione dei funghi. 

        Qual è la funzione dei funghi in natura?                 


In tutti gli ecosistemi, gli esseri viventi sono legati gli uni agli altri come gli anelli di una catena, appunto la catena alimentare. Il primo anello è sempre costituito dai vegetali, che vengono detti PRODUTTORI perché sono in grado, attraverso la fotosintesi clorofilliana, di fabbricarsi da soli il nutrimento da sostanze inorganiche semplici come acqua, anidride carbonica e sali minerali.

Il secondo anello è formato dagli animali erbivori, cioè che si nutrono di vegetali: essi sono detti CONSUMATORI PRIMARI
Poi ci sono gli animali carnivori che mangiano gli animali erbivori, detti      CONSUMATORI SECONDARI, quindi gli animali  carnivori che si nutrono di altri animali carnivori, detti CONSUMATORI TERZIARI. L'ultimo anello delle catene alimentari è rappresentato dai BIORIDUTTORI (o decompositori), cioè da quegli organismi, quali lombrichi, muffe, batteri, ecc., e appunto i funghi (intesi qui in senso lato, cioè come binomio micelio-corpi fruttiferi), che si nutrono di rifiuti o resti di altri organismi (foglie marcescenti, escrementi, animali morti, ecc.) e li trasformano in sostanze inorganiche, che vanno a finire nel terreno, dove verranno assorbiti dalle piante........ e il ciclo può ricominciare.

La funzione dei funghi in natura è quindi quella di BIORIDUTTORI, in particolare di alcune sostanze complesse quale la lignina che gli altri bioriduttori faticano a demolire.             

                  Come si nutrono i funghi ?                           

Tutte le diverse specie di funghi, sia macroscopici che microscopici, dipendono per la loro nutrizione da altri organismi viventi e/o da materiali da essi derivanti. Infatti i funghi, non essendo in grado di utilizzare direttamente l’anidride carbonica atmosferica (CO2), quale fonte di carbonio per la produzione di sostanze organiche con funzione energetica, contrariamente alle piante verdi che, mediante la “fotosintesi clorofilliana” sono in grado di “fabbricare” glucosio, necessitano di sostanze organiche preformate,  

I funghi assorbono il nutrimento attraverso la superficie del corpo vegetativo (il micelio) ma così facendo possono introdurre solo molecole piccole come zuccheri semplici (glucosio) o amminoacidi. Per questo utilizzano sostanze organiche complesse (amido, cellulosa, lignina, proteine, etc.), frequenti in natura, riversando all’esterno delle loro “cellule” degli enzimi litici capaci di attaccare queste grosse molecole, scindendole in composti via via più semplici fino a ridurle a piccole molecole assorbibili: una vera e propria digestione extracellulare con la quale espletano di fatto in natura la loro funzione di “bioriduttori”. Pertanto, i funghi si differenziano non solo dai vegetali, in quanto incapaci di effettuare la fotosintesi clorofilliana, ma anche dagli animali che ingeriscono e successivamente digeriscono, in quanto prima “digeriscono” a livello extracellulare e poi assorbono, attraverso le pareti delle loro cellule.

In particolare nei funghi superiori, quelli i cui corpi fruttiferi sono l’oggetto del nostro “interesse”, o a fondo “gastronomico” o “scientifico”, il micelio si sviluppa nel substrato di cui si nutre: nel caso di un substrato inerte, in assenza di interazione con organismi viventi, il sistema nutrizionale viene indicato come “Saprofitismo” (funghi saprofiti); quando entra in contatto con le radici di piante da cui in parte trae nutrimento e che aiuta a nutrire, in un rapporto di reciproco vantaggio, si ha una “Simbiosi” (funghi simbionti), invece quando si sviluppa, traendone nutrimento, nei tessuti di altri organismi viventi, per lo più fusto e radici di alberi, si ha “Parassitismo” (funghi parassiti). In tal caso, dopo la morte dell’organismo “parassitato”, il fungo può continuare a vivere sul medesimo substrato come “saprofita” (fenomeno di “Parassitismo - Saprofitismo).


Sistemi nutrizionali dei funghi.

                        I funghi saprofiti                                    

I funghi saprofiti, attraverso il loro micelio e senza nessun “aiuto” esterno da esseri viventi (alberi o arbusti), si nutrono di sostanze organiche appartenenti a organismi “morti” e ne riducono la consistenza preparando la strada ai batteri e ad altri microorganismi, i quali provvederanno a completare la trasformazione delle sostanze organiche in sostanze inorganiche. Per questo loro instancabile lavoro i funghi saprofiti vengono, a buona ragione, definiti “gli spazzini del bosco”.

A loro dobbiamo gran parte del merito dell’auto pulizia del bosco; così scompaiono foglie, ramoscelli, e altri cascami vegetali, così vengono ripulite spoglie e residui organici di animali. L’humus del terreno, costituito da detriti vegetali in vari stadi di decomposizione, rappresenta la fonte di nutrizione di un grandissimo numero di funghi saprofiti; tra questi alcuni sono “spazzini specializzati” di particolari substrati: la Mycena seynii di strobili di Pino marittimo, la Rustroemia echinophila di ricci di castagne, il Marasmius graminum dei fili d’erba, la Macrotyphula juncea di foglie di vari alberi,  alcune Cordyceps di  carcasse di Lepidotteri, ecc. ecc.

E sono proprio i funghi saprofiti, non necessitando di stabilire un rapporto con alberi o arbusti vivi, che possono essere coltivati anche a livello industriale. Infatti per questi è sufficiente la preparazione di un idoneo substrato opportunamente inoculato con il micelio della specie desiderata; per la buona consistenza e le buone caratteristiche organolettiche durevoli per più giorni, in Italia si coltivano principalmente Agaricus bisporus (“champignon”), sia nella forma a cappello bianco che a cappello marroncino (il “cremino”) e  Pleurotus ostreatus (”orecchietta”).

Mycena  seynii, fungo saprofita tipicamente di strobili (“pigne”) di Pino marittimo.

Agaricus bisporus (“Champignon nella forma “cremino”),  in coltivazione domestica.

Pleurotus ostreatus  (“Orecchietta””),  in coltivazione domestica su balla di “paglia” pressata.

                  I funghi parassiti                                           

I funghi parassiti sono funghi che si nutrono di sostanze appartenenti a vegetali o animali viventi.

Essi possono rappresentare un serio pericolo per piante, animali e per l’uomo stesso, essendo causa

di gravi malattie che possono condurre alla morte.

La peronospora, l’oidio, la ruggine del frumento, il

mal secco della patate, ecc., causati da funghi “inferiori” e il mal del falchetto determinato dal notissimo "Chiodino" (Armillaria mellea), costituiscono alcuni degli esempi più noti di malattie

di origine fungina diffuse nel regno vegetale.

Il compito di questa tipologia di “funghi-demolitori” è quello di coadiuvare la natura a regolare il proprio equilibrio; di norma, per esempio, nel bosco sono gli alberi più gracili, quelli la cui presenza è scarsamente utile al bosco stesso e che sottraggono sostanze ai vicini impoverendone l’alimentazione, a costituirne le vittime preferite. In questo modo il bosco viene liberato naturalmente da un “peso” che ne comprometteva l’armonia. Allo stesso modo sono sovente i funghi (generalmente micro funghi) a debellare l’ambiente da presenze eccessive di taluni insetti o animali. Va segnalato che parecchi funghi parassiti (il Chiodino è fra questi) sono in grado di modificare le loro esigenze nutrizionali passando dal parassitismo (nutrizione a scapito di organismi viventi) al saprofitismo (nutrizione a scapito di organismi morti). Così si assiste alla proliferazione di questi funghi anche dopo che l’ospite è stato ridotto alla morte; il Chiodino, per esempio, continua ad alimentarsi dal ceppo dell’albero di cui ha causato la morte, finché rimarrà legno di cui nutrirsi. Potremmo perciò dire che si tratta di un fungo “assassino” ma assai educato, poiché provvede lui stesso a ripulire l’ambiente dalle spoglie della propria vittima...

Armillaria mellea,  il “chiodino”, fungo parassita per eccellenza di numerose essenze arboree.

                  I funghi simbionti                                        

I funghi simbionti conducono vita di mutualismo con altri organismi viventi. Il micelio entra in simbiosi con le radichette terminali di alberi superiori, arbusti o erbe, stabilendo con esse uno scambio continuo di sostanze nutrizionali. Il fenomeno, detto micorriza, si realizza per semplice contatto tra le ife miceliari e i peli terminali delle radici di alberi, arbusti o erbe (micorriza ectotrofica) o per penetrazione (micorriza endotrofica).

La combinazione è vantaggiosa sia per il fungo che per la pianta poiché quest’ultima si serve del micelio per estendere notevolmente la superficie di terreno da cui trarre le sostanze nutritive (inorganiche) di cui abbisogna, mentre il micelio simbionte riceverà alimentazione “gratuita” quando la pianta avrà completato il proprio ciclo annuale avendo prodotto gemme, foglie, fiori e frutti, e potrà restituire al terreno gli esuberi di sostanze organiche foto sintetizzate. È dimostrato che alberi con micorriza crescono assai più rigogliosi e che talora  questa è condizione indispensabile per la loro stessa esistenza.

Sono moltissime le specie fungine simbionti, sia tra quelle più ricercate per uso alimentare, sia tra quelle più velenose: alcune possono instaurare simbiosi con diverse essenze arboree (simbiosi “facoltativa”), come nel caso del Cantharellus cibarius, noto come “Finferlo”, “Gialletto”, “Giallino”, “Galletto”, ecc., mentre altre hanno affinità con una sola essenza arborea (simbiosi “obbligatoria”), come per il Suillus grevillei (“Laricino”) legato in modo esclusivo al larice.

Schema di micorriza

Cantharellus cibariuss  (“Finferlo”),  simbionte facoltativo di numerose essenze arboree.

Suillus grevillei  (“Laricino”),  simbionte obbligatorio del larice.

                Dove crescono i funghi ?                              

I funghi in generale possono vegetare nei più svariati ambienti, ovunque vi sia materiale organico in decomposizione, dalle dune dei litorali alle più alte cime al limite della vegetazione, in un vaso di fiori o in un parco cittadino. Logicamente ogni specie fungina avrà un suo ambiente di crescita preferito, che potrà essere più o meno esclusivo. Tuttavia in linea di massima l’habitat preferito dai macrofunghi è un ambiente boschivo temperato, scarsamente ventoso e situato in una zona sufficientemente piovosa, anche se su questo argomento è difficile stabilire regole precise.

Quello che è importante ripetere e qui sottolineare è che quelli che chiamiamo funghi ed eleggiamo a nostre prede, sono corpi fruttiferi di una sorta di pianta sotterranea che ha un lungo periodo di vita, per cui tenderanno a crescere sempre nel medesimo punto. Lo sanno bene i cercatori di lunga data che frequentano ogni anno i medesimi luoghi  effettuando sempre il percorso che nel tempo si è dimostrato il più prolifico. Occorre anche ricordare chi i funghi, anche se di discrete dimensioni, di regola sono ben mimetizzati nel sottobosco, per cui occorre un incedere pacato o comunque non frenetico, mantenendo sempre alta la concentrazione e attento lo sguardo, ben indirizzato né troppo vicino, né troppo lontano dai propri piedi.

I funghi di regola sono ben mimetizzati nel sottobosco, non sempre facili da individuare.

                        Quando crescono i funghi ?                   

Facendo riferimento alle nostre latitudini, è sicuramente vero che per la maggior parte delle specie fungine la stagione di crescita per eccellenza è l’autunno, quando il calore del sole ormai debole non riesce più ad asciugare il sottobosco, anche se in funzione delle differenti quote o in diverse annate vi può essere un anticipo già a fine estate o uno spostamento verso la fine dell’autunno.

Ma al di la di una possibile crescita occasionale di queste stesse specie in altri periodi dell’anno, fenomeno legato principalmente a particolari condizioni climatiche, esistono alcune specie che sono tipiche ed esclusive di altri periodi. Così per esempio, citando solo i buoni commestibili, è possibile riempire il cesto in primavera con Morchella esculenta (“Spugnola”) e Lyophyllum gambosum (“Prugnolo”), a inizio inverno con Tricholoma portentosum (“Portentosum”), in pieno inverno con Flammulina velutipes e Pleurotus ostreatus (“Orecchietta”), a fine inverno-inizio primavera con Hygrophorus marzuolus (“Dormiente”) ed Entoloma saundersii.

La crescita abbondante o scarsa in differenti annate è funzione dell’andamento climatico, non solo dei giorni immediatamente precedenti il periodo interessato, ma anche di molti mesi prima, mentre la sovente citata influenza della luna non è supportata da nessuna conferma scientifica.

Flammulina velutipes, tipico fungo con crescita in pieno inverno, anche in presenza di neve.
            I funghi “sbucano” all’improvviso ?                 

“Crescono come funghi” è un modo di dire ampiamente diffuso per indicare l’apparire improvviso. Ma è proprio così? La risposta è sostanzialmente affermativa, almeno per i funghi normalmente ricercati per uso alimentare, come per esempio “Porcini” e “Ovoli”. Questo non tanto per la rapidità della crescita, ma in quanto “di regola” il corpo fruttifero si sviluppa inizialmente nel sottosuolo e solo quando il “primordio” è già ben formato, l’azione congiunta dell’aumento delle dimensioni, dell’allungamento del gambo e di un “movimento” verso l’alto, lo portano a emergere: lo spostamento di un ciuffetto di muschio o di una foglia rappresentano l’atto finale che rendono il fungo, già ben formato, visibile all’occhio umano, potenziale preda del primo cercatore che gli passerà a fianco. In definitiva un “Porcino” o un “Ovolo” possono apparire “improvvisamente” perché effettivamente “improvviso” è il passaggio dalla vita ipogea (sotterranea) alla vita epigea (fuori dal terreno); questo “di regola” ma non sempre, in quanto un micelio che affiora in superficie su un terreno nudo ci può mostrare anche le fasi iniziali di crescita normalmente precluse al nostro sguardo;  situazione che può essere verificata anche per specie che crescono su tronchi, ceppaie o radici affioranti, come ad esempio per “Chiodini” o “Piopparelli”.

Corpi fruttiferi di Boletus edulis, i “porcini” più classici, da poche ore “sbucati” dal terreno.
             Quanto occorre ai funghi per svilupparsi ?                 ?

Una volta “sbucato” dal terreno, da un tronco o da qualunque altro substrato, la vita di un “corpo fruttifero” può variare da poche ore, come per i Coprinus della Sezione Hemerobii, ad alcuni anni, come per molti funghi lignicoli a consistenza coriacea Per quanto riguarda i funghi più ricercati per uso alimentare, quali “Porcini”, “Ovoli”, “Finferli”, “Mazze da tamburo”, ecc., il tempo di vita deve essere considerato a livello, non di ore o di anni, ma di giorni. Di pochi giorni in condizioni climatiche contraddistinte da elevate temperatura e umidità, di più giorni in caso di basse temperature; se poi siamo a fine stagione, in prossimità dell’inverno, è possibile poter osservare i “corpi fruttiferi” per moltissimi giorni, come conservati in frigorifero. I funghi “giovani” da quelli “maturi” si differenziano non da dimensioni o peso, ma dalla morfologia: un Porcino con cappello chiuso sul gambo obeso e con imenio bianco sarà “giovane”, con cappello disteso e      imenio colorato “maturo”.

Ganoderma lipsiense.

Fungo a crescita pluriennale

Coprinus plicatilis, Coprinus della Sezione Hemerobii (dal latino “che vivono un giorno”).

Leucoagaricus bresadolae  (tossico), esemplari giovani con cappello ancora chiuso sul gambo.

Leucoagaricus bresadolae,  i medesimi esemplari “maturi” con cappello disteso dopo 2 giorni.

        Quando visto il fungo non cresce più ?                    

Logicamente no, però come in molti detti popolari anche in questo caso vi si può trovare un po’ di verità. Innanzi tutto il riferimento popolare è come sempre rivolto ai funghi ricercati per uso alimentare e in particolare ai “Porcini”, in gran parte d’Italia indicati addirittura semplicemente come “i funghi”, e poiché il micelio vegeta “di regola” nel sottosuolo dei boschi, per di più ben ricoperto da uno spesso strato di muschio, foglie o humus in generale, la parte di crescita ipogea è molto prolungata e i corpi fruttiferi “sbucano” quando ormai sono prossimi alle dimensioni della maturazione: se visti e lasciati sul posto, nei giorni seguenti l’incremento delle loro dimensioni non sarà così significativo da essere facilmente percepito. Anche perché, è utile ricordare, che non tutti i “Porcini” raggiungeranno le dimensioni massime possibili per questa specie (diciamo orientativamente 1 kg, anche se eccezionalmente è possibile anche molto di più) e le dimensioni del fungo nel momento in cui si rende disponibile alla nostra vista sono “di regola” non moltissimo differenti dalle sue dimensioni finali. Per esemplificare, se troviamo un “Porcino” appena emerso, quindi giovane ma già ben formato, di 100g, questo potrà anche raddoppiare il suo peso o anche di più in condizioni di elevata umidità, ma mai potrà diventare un fungo da 1 kg.

2 esemplari di “Porcini” nel pieno della maturità, del peso rispettivo di 650 gr. e di 1 kg.

            Cosa sono i “cerchi delle streghe” ?                  

I “cerchi delle streghe” sono gruppi di funghi di una medesima specie che crescono in cerchio.

La denominazione deriva da un’antica leggenda che li identificava come luogo di danze notturne di folletti e streghe. Il micelio si sviluppa nel sottosuolo anno dopo anno diramandosi in ogni direzione e la fruttificazione avviene sul nuovo micelio, nel diametro esterno.

Quando questo fenomeno si presenta nei prati, l’erba dell’area circolare interessata, ben nutrita dall’azione bioriduttrice del micelio, si presenta già nelle settimane precedenti più verde e rigogliosa, fornendo ai cercatori la preziosa informazione sulla ubicazione delle “fungaie”, dove andare poi a colpo sicuro.

Dal diametro del “cerchio” si può orientativamente conoscere l’età del micelio. In America ne sono stati avvistati da aerei in fase di atterraggio con diametro di oltre 70 metri, che, si dice, abbiano più di cento anni. La specie interessata è Agaricus urinascens (ex macrosporus), la medesima del cerchio qui a fianco, ripreso sui Monti Sibillini, nell’Appennino marchigiano

Cerchio delle streghe di Lepista nuda (ex Tricholoma nudum) noto come “Agarico violetto”

       Come attrezzarsi per andare a funghi ?             

Molte possono essere le condizioni di una battuta per funghi e molto differenti le esigenze di ciascuno di noi, tuttavia esistono delle norme generali che è opportuno almeno conoscere. Nell’abbigliamento sono importanti le calzature, che dovranno essere idonee al percorso scelto per ridurre al minimo il rischio di distorsioni alle caviglie o di rovinose cadute: sono consigliati di regola scarponi da montagna oppure, ma solo in ambienti pianeggianti o comunque poco impegnativi, stivali in gomma con suola ben incisa e piuttosto stretti, ben fermi al piede. Inoltre è sempre opportuno che gambe e braccia, e spesso anche la testa siano opportunamente protetti.

Se ci si allontana sensibilmente dal punto base è consigliabile avere con se uno zaino con indumenti di emergenza come per esempio una giacca a vento impermeabile con cappuccio, un kit per intervenire su piccole ferite o punture di insetti ed eventualmente cibo e bevande.

Come attrezzatura, occorre munirsi di un bastone, come aiuto alla deambulazione in situazioni difficili, e nella ricerca dei funghi per spostare frasche o foglie, di un coltello a serramanico, possibilmente completo di pennello nella parte posteriore del manico, per raccolta e pulizia dei funghi, e di un cesto o una gerla per il loro trasporto.

Nel bosco per funghi ci si va con scarponi o stivali, gambe e braccia protetti, bastone e cesto.

          Come si raccolgono i funghi ?                         

Il momento “magico” dell’andar per funghi, sia a scopo gastronomico che scientifico, il motivo per il quale vale la pena affrontare una “levataccia”, un lungo viaggio in automobile e un faticoso trasferimento su per un sentiero in salita,  è senza dubbio l’attimo in cui lo sguardo individua la “preda” designata, ma anche la raccolta è sicuramente un momento di grande soddisfazione.

Una volta individuata la preda, muovendosi con cautela è bene analizzare attentamente il territorio circostante per individuare, senza acciaccarli, tutti i corpi fruttiferi che il “simpatico micelio” ha pensato bene di produrre proprio in coincidenza con il nostro passaggio. La raccolta va effettuata afferrando delicatamente i funghi ed estraendoli dal terreno con una leggera torsione, ma solo per esemplari in buono stato, in grado di “sopportare” il viaggio di ritorno a casa, quindi non troppo maturi e non intrisi di acqua. La pratica di raccogliere i funghi tagliandoli verso la base del gambo con il coltello è generalmente sconsigliata, se non altro per evitare di privare gli esemplari raccolti di una parte utile sia per l’utilizzo alimentare che, soprattutto, per la determinazione; può essere accettabile quindi per specie perfettamente conosciute in cui il gambo verrà comunque eliminato.

I funghi vanno puliti con cura da terra e detriti vegetali, quindi riposti con cura in un cesto ben aerato. Da evitare l’utilizzo di sacchetti di plastica che, oltre a essere vietati da tutti i regolamenti, rischiano di vanificare l’intera nostra spedizione danneggiando e deteriorando le ambite prede.

I funghi vanno raccolti con una leggera torsione.

I funghi vanno puliti con cura appena raccolti,

quindi riposti in un cesto ben aerato.

          Ci sono mezzi empirici per la commestibilità ??                  

Nel tempo andato si credeva che fosse la crescita accanto a chiodi arrugginiti o il soffio del serpente a rendere i funghi velenosi e, per contro, che i funghi rosicchiati da lumache e da insetti fossero per questo mangerecci. Oggi sono tutte annoverate a buona ragione come “false credenze”. Inoltre si credeva, e purtroppo talora si crede ancora, che mezzi empirici possano risultare idonei a definire con sicurezza la commestibilità dei funghi: così una moneta o un cucchiaino d’argento, come pure aglio, cipolla e prezzemolo, messi insieme ai funghi durante la cottura annerirebbero in presenza di funghi velenosi., o che comunque una prebollitura in acqua e aceto sarebbe sufficiente a rendere buon commestibile ogni fungo velenoso; per non parlare poi dell’utilizzo come “assaggiatori” del gatto o del cane di famiglia. In realtà tutti i mezzi empirici, anche ammesso che possano essere efficaci in qualche singolo caso, il più delle volte falliscono, sicuramente e drammaticamente per esempio con le velenosissime Amanita phalloides, verna e virosa, responsabili della maggior parte degli avvelenamenti mortali da funghi in Italia. In conclusione, non esistono mezzi empirici per distinguere i funghi commestibili da quelli velenosi, come scorciatoia rispetto alla perfetta conoscenza botanica delle singole specie.

Una lumaca può mangiare senza problemi l’Amanita phalloides, letale per l’uomo.

             Come si identificano i funghi ?                         

La prima cosa che è necessario sottolineare è che le specie fungine sono molte migliaia e non possono essere di regola identificate “a colpo d’occhio” o semplicemente confrontando i funghi raccolti con le immagini di libri a carattere divulgativo, se non solo talora e solo da “veri” esperti.

La cronaca racconta infatti ogni anno il ripetersi di confusioni tragiche di “sedicenti” esperti, convintissimi di avere tra le mani funghi da sempre conosciuti e consumati.     

L’identificazione delle specie fungine, il primario interesse del nostro Gruppo Micologico, avviene nei casi più semplici tramite la “morfologia macro” (colori e forme, anche di dettagli) e l’”organolettica” (odore, sapore).

Talora è necessario ricorrere al microscopio ottico per la “morfologia micro” (spore, cistidi, trama lamellare, aschi, basidi,  ecc) o anche a reattivi chimici, per evidenziare specificità della “composizione chimica”.

Recentemente, nei casi più complessi, è stata introdotta la pratica dell’analisi molecolare di particolari spezzoni del DNA, una sorta di “morfologia molecolare” che, come era prevedibile, sta un po’ rivoluzionando la micologia: così entità fino a ieri considerate specie autonome sono ora indicate come una medesima specie, mentre entità fino a ieri considerate forme della medesima specie, sono ora indicate come specie autonome. Tuttavia la parola fine su questo argomento è lungi dall’essere scritta, in quanto l’unico parametro accettato dalla scienza per distinguere le specie è l’interfertilità / intersterilità.

       

Esempi di “morfologia macro”           

             È vero che i funghi sono tutti un po’ tossici ??           

È vero che i funghi sono tutti un po’ tossici ? è una domanda che spesso ci viene rivolta.  A questo proposito è bene sottolineare che la composizione chimico-tossicologica è stata studiata solo su relativamente poche specie: per la maggior parte degli altri funghi ben poco si sa in tal senso. Tuttavia quello che appare ormai certo dalle ultimissime ricerche è che alcune specie dichiarate commestibili contengono sicuramente tossine e, per la loro alimentazione eterotrofa, la quantità di queste tossine risulta variabile in funzione del substrato di crescita anche per una stessa specie. D’altra parte è da lungo tempo noto che la stragrande maggioranza dei funghi “commestibili” risulta tale solo dopo una adeguata cottura per distruggere le tossine termolabili. Ma talora possono essere presenti anche tossine termoresistenti, se pur in quantità ridotta: a tal proposito deve servire da monito per un consumo comunque prudentemente moderato il caso del Tricholoma equestre che, da sempre consumato e liberamente commercializzato come ottimo commestibile in molti paesi di tutto il mondo, nel 2001, nella regione di Arcachon nel sud-ovest della Francia, provocò 11 intossicazioni. di cui 3 con esito mortale, a seguito di “pasti abbondanti e ripetuti”.

Infine, la statistica del Centro Antiveleni di Milano ci rende noto come nell’ultimo decennio, unitamente alla temutissima Amanita phalloides, “Porcini” e “Chiodini” siano stati ai primi posti nel numero di pazienti coinvolti in intossicazioni fungine, presumibilmente per utilizzo eccessivo o improprio, se pur con esito finale in questi casi più benigno.

Tricholoma equestre.
         Come utilizzare i funghi in cucina ?                

La prima regola è logicamente utilizzare in cucina solo specie perfettamente identificate e di consolidata tradizione culinaria. Tuttavia questo non è sufficiente per metterci completamente al riparo da possibili “mal di pancia” o anche da disturbi peggiori.  Infatti le proteine contenute nei funghi sono facilmente deteriorabili con produzione di tossine molto pericolose, ed è quindi indispensabile utilizzare solo esemplari “freschi” e in ottimo stato di conservazione. Inoltre la maggior parte dei funghi contiene sostanze tossiche termolabili, per cui, ad eccezione dell’”Ovolo” e di pochissime altre specie, e necessaria una cottura adeguata come durata e come modalità; per es., tegame senza coperchio per eliminare le tossine volatili (“Morchelle”, ecc.), prebollitura in acqua prima della cottura vera e propria, per eliminare tossine idrosolubili (“Chiodini”, ecc). E ancora, occorre preventivamente scartare eventuali parti indigeste, come il gambo in talune specie (“Chiodino”, “Mazza di tamburo”, ecc.). Infine, è vivamente consigliato di non eccedere mai nelle quantità, per contrastare le conseguenze delle piccole dosi di tossine talora comunque presenti, ed evitare il consumo in pasti ravvicinati poiché tali tossine tendono ad essere smaltite con difficoltà dal nostro organismo con possibilità quindi di fenomeni di accumulo.

Amanita caesarea (Ovolo), uno dei pochissimi funghi che è possibile mangiare anche crudo.
        Qual’ è il valore alimentare dei funghi ??                

Fin dai tempi più remoti è noto che di alcuni funghi ci si può cibare, ma circa il loro reale valore alimentare ci sono state considerazioni talora anche piuttosto contrastanti.

Sul piano gastronomico sono sicuramente  un alimento ghiotto e pregiato, ma dal lato alimentare il loro valore sembra essere alquanto scarso e la presenza di quel poco di sostanze proteiche non giustifica certo l’appellativo di “carne vegetale” talora in passato a loro attribuito.

Naturalmente il contenuto delle diverse sostanze varia tra le diverse specie, ma il contenuto di acqua è comunque sempre di circa l’80-90%, paragonabile a quella di alcuni legumi come cavolfiori e spinaci. Micocellulosa e chitina costituenti della struttura dei funghi, non sono di alcuna utilità per l’alimentazione umana.  Le vitamine sono presenti in quantità ridottissime. Tra le sostanze minerali alcune, come potassio, fosforo, ferro e rame, sono utili al nostro organismo, mentre per contro risultano dannosi i metalli pesanti, di cui i funghi sono eccezionali ricettori.

In conclusione è sicuramente valida la considerazione di un autore francese del secolo scorso:   “… mangiamo funghi non per sostentarci, ma per deliziarci: è cosa più che sufficiente perché questi squisiti prodotti della natura abbiano diritto alla nostra riconoscenza …”

Boletus edulis, composizione chimica approssimativa.

                 Cosa fare in caso di avvelenamento                       

I funghi possono causare diversi tipi di avvelenamenti e oggi sono in genere note le sindromi con le quali si manifestano, i principi che li causano e quindi le migliori terapie per affrontarli. Le varie sindromi, una decina, vengono raggruppate in funzione del tempo di comparsa dei primi sintomi:

se dopo poche ore in “sindromi a breve latenza”, in genere a decorso favorevole, se dopo molte ore o anche alcuni giorni, in “sindromi a lunga latenza”, causate da avvelenamenti più gravi, talora con esito nefasto. In particolare in questo secondo caso occorre mettersi al più presto nelle mani di personale medico specializzato, a cui poter descrivere chiaramente i vari sintomi e a cui consegnare frammenti residui della pulizia dei funghi consumati e/o campioni opportunamente raccolti di vomito.

Per le sindromi più gravi, e in particolare per quella causata dall’Amanita phalloides, il ricovero ai primissimi sintomi, una diagnosi tempestiva e il conseguente intervento immediato e mirato sono le premesse indispensabili per “salvare la pelle”.

                                                                                                           Amanita phalloides, mortale.

Amanita muscaria, il “fungo delle fiabe”, decisamente velenoso, ma solo raramente mortale.