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Quando il tepore della primavera inoltrata ci invita a entrare nei boschi per un primo sopraluogo, ben nascosta tra le foglie, normalmente sotto quercia, si può incontrare l’ Amanita eliae, una specie dalla vita effimera come quella di una farfalla, da non portare a cena, ma con la quale vale la pena darsi appuntamento ogni anno nel bosco perché bellissima, e perché segnale inequivocabile che la stagione micologica all’interno del bosco sta veramente per cominciare. |
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Amanita eliae al Parco delle Groane nel territorio di Misinto |
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Amanita eliae al Parco delle Groane nel territorio di Misinto |
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Veramente un incontro
interessante quello con l’Amanita
eliae, quando si ha la fortuna di trovare
per la prima volta esemplari belli e
lussureggianti, e non si capisce immediatamente
cosa si ha tra le mani, per il margine del
cappello striato come in un’Amanita
vaginata, al quale si contrappone,
differentemente da quest’ultima, la presenza di
un vero e proprio anello ben sviluppato sul
gambo. Ma l’incontro con l’Amanita
eliae non è mai banale anche negli anni
successivi quando si torna puntuali
all’appuntamento nel querceto: il bosco appare
ancora semiaddormentato e, nel suo periodo, è
spesso l’unico fungo con gambo e cappello degno
di questo nome; ma non è facile trovarlo perché
la sua crescita non è mai abbondante, sempre in
esemplari isolati o in piccoli gruppi, perché il
più delle volte è ben mimetizzato nel sottobosco
nascosto tra le foglie, perché il suo periodo di
crescita è brevissimo e la sua vita effimera
come quella di una farfalla: un esemplare
spuntato la mattina non vedrà il giorno
successivo in buono stato. E per questo
contribuiscono anche le lumache del bosco che ne
sono ghiotte e spesso aggrediscono e divorano i
carpofori di questo fungo quando ancora non sono
emersi dallo strato di fogliame. |
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Fragile e ricca di decorazioni | ||
Per poter ammirare in tutta
la sua bellezza questo fragilissimo fungo è
indispensabile vederlo in habitat; e per poter
catturare una bella immagine con tutte le sue
caratteristiche decorazioni intatte, devono
essere minime le manipolazioni durante la
raccolta, particolarmente critica per il gambo
profondamente infisso nel terreno. Praticamente impossibile
pensare di trasportarlo senza danneggiarlo
sensibilmente, e godere della sua fragile
bellezza è quindi cosa per pochi. Il micelio di
Amanita
eliae si sviluppa evidentemente in
profondità nel suolo e il corpo fruttifero per
emergere dal terreno e dallo spesso strato di
foglie dilata moltissimo il gambo in lunghezza,
un po’ come nel
Phallus
impudicus. La notevole conseguente riduzione
del suo peso specifico lo fa diventare
estremamente fragile. Come in tutte la
Amanite
ci si deve attendere di trovare due veli, quello
generale che racchiude completamente il fungo
nel primo stadio dello sviluppo, e quello
parziale che congiunge inizialmente il margine
del cappello al gambo come protezione delle
lamelle. Il velo generale non è membranoso, per
cui non lascia una volva ben formata alla base
del gambo, come in
Amanita
phalloides e in
Amanita
caesarea, ma è fioccoso-cotonoso e tende a
dissociarsi lasciando residui disposti
disordinatamente alla base del gambo e,
talvolta, sulla superficie del cappello; mentre
il velo parziale è più consistente e,
all’apertura del cappello, origina un anello ben
formato, se pur fragile, nella parte alta del
gambo. In funzione del colore del
cappello, variabile dal bianco, all’alutaceo,
fino a un deciso color crosta di pane, i
micologi si sono sbizzarriti nel creare diverse
forme di questa specie; tuttavia avendo la
ventura di entrare nel bosco giusto al momento
giusto, si può osservare come tale variabilità
dipenda della quantità di luce in grado di
raggiungere il cappello, principalmente in
funzione di quanto il fungo sia riuscito ad
emergere dal fogliame; un po’ come accade per i
porcini che rinvenuti coperti da foglie o aghi,
presentano il cappello ancora praticamente
bianco, mentre quando completamente emersi dal
substrato hanno cappello di un marrone più o
meno scuro. |
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Rara e poco conosciuta | ||
L’Amanita eliae è considerata rara, ma una parte di questa fama deriva
sicuramente, come spesso in questi casi, dalla
sua crescita un po’ fuori stagione, cioè quando
la maggior parte dei cercatori non ha ancora
affilato le armi. Cercatori non certo invogliati
a percorrere i boschi ancora privi dei migliori
funghi mangerecci. Tuttavia è possibile
trovarla proprio nei "nostri" boschi, in
particolare nei querceti del Parco delle Groane,
motivo di grande orgoglio per il nostro Gruppo
Micologico. Riguardo le caratteristiche
di commestibilità, l’Amanita
eliae è da considerasi tecnicamente “non
commestibile in quanto di innocuità non
comprovata”. In parole più semplici, non si
hanno sufficienti prove che la si possa mangiare
senza conseguenze negative per il nostro
organismo. Ricordiamo che l’Amanita
junquillea, la specie a lei più vicina, pur
se molto più comune, solo recentemente ha
rivelato la sua tossicità. E in ogni caso la sua
importanza alimentare sarebbe fortemente
limitata dalla scarsa diffusione, dalla scarsa
abbondanza nel breve periodo di crescita, oltre
che dalla scarsa consistenza della carne. L’Amanita eliae va quindi cercata solo per godere della sua bellezza,
come si fa con le farfalle. |
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